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COMPRENSIONE DEL TESTO MARCOVALDO, di Italo Calvino

Por:   •  14/3/2016  •  Trabalho acadêmico  •  5.255 Palavras (22 Páginas)  •  2.317 Visualizações

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COMPRENSIONE DEL TESTO

MARCOVALDO, di Italo Calvino

Compilare la scheda:

1- Specificare:

Quale é il tipo di testo? Narrativo

Chi l’ha scritto? Chi è il suo autore? Italo Calvino

Quando è stato scritto? Fra 1952 e 1962

Quando è stato pubblicato? In 1963

Qual è l’edizione usata per fare il lavoro? Novembre del 1963

Nome dell’editore o della casa editrice: Editore Einaudi

2- Scrivere il titolo indicato per il lavoro: Capitolo due: La villeggiatura in panchina.

3- Identificare:

personaggio principale: Il personaggio principale si chiama Marcovaldo.

le caratteristiche fisiche del personaggio: è un uomo che gli piace a natura. (io non ho incontrato un’altra cosa che diceva su caratteristiche di Marcovaldo. Per esempio, come è sua altezza, ecc.)

le caratteristiche psicologiche del personaggio: Marcovaldo preferisce vivere in campo, invece di vivere in città industriale. Solamente, in questo capitolo, il personaggio sente che volere la neccessità di vivero lontado da città.

4- Risaltare altri persongaggi e fare delle giusticative della loro presenza nel testo: Marcovaldo ho figlie e una moglie, ma in capitolo due hanno la presenza de due innamorati che sono in piazza, il vigile notturno Tornaquinci e ha, anche, la presenza di amici di lavoro di Marcovaldo.

5- Descrivere lo spazio in cui si svolge la storia: In capitolo due, la storia si è riferito alla piazza che Marcovaldo vuole per dormire in panchina.

6- Scrivere un rissunto del capitolo letto: Marcovaldo, vuole di la frescura notturna e fa di suo letto una panchina in mezzo a una piazza. Sola che non è tranquilla la notte, tra un semaforo che lampeggia, operai che lavorano di notte e il camion che raccoglie i rifiuti.

7- Indicare gli elementi morfologici che riprendono i personaggi o luoghi citati nel testo:

“Andando ogni mattino al suo lavoro, Marcovaldo passava sotto il verde d'una piazza alberata, un quadrato di giardino pubblico ritagliato in mezzo a quattro vie. Alzava l'occhio tra le fronde degli ippocastani, dov'erano più folte e solo lasciavano dardeggiare gialli raggi nell'ombra trasparente di linfa, ed ascoltava il chiasso dei passeri stonati ed invisibili sui rami. A lui (riferito a Marcovaldo) parevano usignoli; e si (Marcovaldo) diceva: «Oh, potessi destarmi una volta al cinguettare degli uccelli e non al suono della sveglia e allo strillo del neonato Paolino e all'inveire di mia moglie Domitil–la!» oppure: «Oh, potessi dormire qui (avverbio di luogo, riferito alla piazza), solo in mezzo a questo fresco verde e non nella mia stanza bassa e calda; qui (avverbio di luogo) nel silenzio, non nel russare e parlare nel sonno di tutta la famiglia e correre di tram giù nella strada; qui (avverbio di luogo) nel buio naturale della notte, non in quello (pronome dimostrativo) artificiale delle persiane chiuse, zebrato dal riverbero dei fanali; oh, potessi vedere foglie e ciclo aprendo gli occhi! » Con questi (pronome dimostrativo) pensieri tutti i giorni Marcovaldo incominciava le sue otto ore giornaliere – più gli straordinari – di manovale non qualificato.

C'era, in un angolo della piazza, sotto una cupola d'ippocastani, una panchina appartata e seminascosta. E Marcovaldo l'aveva prescelta come (avverbi di somiglianza) sua. In quelle notti d'estate, quando nella camera in cui dormivano in cinque non riusciva a prendere sonno, sognava la panchina come un senza tetto può sognare il letto d'una reggia. Una notte, zitto, mentre la moglie russava ed i bambini scalciavano nel sonno, si (pronome riflessivo personale si è riferito a Marcovaldo) levò dal letto, si (pronome riflessivo personale si è riferito a Marcovaldo) vestì, prese sottobraccio il suo guanciale, uscì e andò alla piazza.

Là era il fresco e la pace. Già pregustava il contatto di quegli assi d'un legno – ne era certo – morbido e accogliente, in tutto preferibile al pesto materasso del suo (pronome possessivo riferito a letto) letto; avrebbe guardato per un minuto le stelle e avrebbe chiuso gli occhi in un sonno riparatore d'ogni offesa della giornata.

Il fresco e la pace c'erano, ma non la panca libera. Vi sedevano due innamorati, guardandosi (riferito a due innamorati) negli occhi. Marcovaldo, discreto, si (Marcovaldo) ritrasse. «È tardi, –pensò, – non passeranno mica la notte all'aperto! La finiranno di tubare! »

Ma i due non tubavano mica: litigavano. E tra due innamorati un litigio non si può dire mai a che ora andrà a finire.

Lui (pronome soggeto riferito a Marcovaldo) diceva: – Ma tu non vuoi ammettere che dicendo quello che hai detto sapevi di farmi (pronome riflessivo personale = Marcovaldo) dispiacere anziché piacere come facevi (pronome riflesssivo personale = due innamorati) finta di credere?

Marcovaldo capì che sarebbe andata per le lunghe.

– No, non l'ammetto, – rispose lei (pronome soggeto è riferito a innamorata), e Marcovaldo già se l'aspettava.

– Perché non l'ammetti?

– Non l'ammetterò mai.

«Ahi», pensò Marcovaldo. Col suo guanciale stretto sotto il braccio, andò a fare un giro. Andò a guardare la luna, che era piena, grande sugli alberi e i tetti. Tornò verso la panchina, girando un po' al largo per lo scrupolo di disturbarli, ma in fondo sperando di dar loro un po' di noia e persuaderli (pronome personale = loro = due innamorati) ad andarsene. Ma erano troppo infervorati nella discussione per accorgersi (pronome riflessivo personale riferito a due innamorati) di lui (Pronome soggetto = Marcovaldo).

– Allora ammetti?

– No, no, non lo (pronome personale riferito a innamorato) ammetto affatto! – Ma ammettendo che tu ammettessi?

– Ammettendo che ammettessi, non ammetterei quel che vuoi farmi ammettere tu (pronome soggetto)!

Marcovaldo tornò a guardare la luna, poi andò a guardare un semaforo che c'era un po' più

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